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Autismo – Parlare Non Equivale In Alcun Modo A Comunicare

Autismo – Parlare non equivale in alcun modo a comunicare

Alcuni bambini con autismo parlano, altri no. Alcuni utilizzano un numero di parole limitato, di cui possono conoscere o meno il significato; alcuni comunicano efficacemente anche senza usare il linguaggio verbale, altri invece conoscono tante parole ma non sono in grado di comunicare. Spesso c’e’ un legame tra la loro frustrazione, l’estraniamento, i comportamenti problema e le difficoltà con la comunicazione.

 

tavolo autismo

 

 

Difficoltà di comprensione del linguaggio

Alcuni bambini con autismo hanno forti difficoltà a comprendere il linguaggio verbale e fin da piccolissimi non reagiscono alle parole dei genitori o dei fratelli. Questa mancanza di reciprocità è molto frustante e disorienta i genitori, perché hanno la sensazione che non vi sia un legame significativo con il bambino. Molti arrivano a pensare che possa essere sordo.

cane autismo

Possono esserci difficoltà di comprensione del linguaggio. Le istruzioni fornite in un contesto insolito o in numero eccessivo o in una forma complessa causano spesso problemi. Similmente, risultano difficilmente comprensibili le parole e i concetti astratti e, se si parla troppo in fretta o usando troppo parole, alcuni bambini con autismo vanno in confusione. Potrebbero comprendere meglio le istruzioni quando:

Troppe parole, parole complesse e frasi lunghe possono generare confusione.

I bambini normali comprendono il linguaggio e allo stesso tempo lo associano alle loro osservazioni della situazione sociale, iniziando a collegare le parole a comportamenti che già comprendo, come guardare, fare, imitare.

Spesso i genitori usano un linguaggio semplice nel parlare con i loro bambini e cercano di nominare una sola azione per volta. Le parole vengono utilizzate per guidare il bambino a guardare un oggetto specifico. Con il bambino con autismo, dobbiamo cercare di fare altrettanto, adattando il nostro linguaggio al loro livello. Lo si può fare fornendo istruzioni semplici che il bambino conosce:

  • dammi
  • metti la giacca
  • è ora di mangiare
  • mettiamo via

libro autismo

E’ una buona idea mostrare le cose di cui stiamo parlando, così che il bambino possa associare parola al suo significato.

Quando è ora di andare a scuola, Wout dimentica sempre la cartella. La madre è spesso di corsa e lo richiama: “Wout, vai a prendere la cartella, te la sei di nuovo dimenticata!”. Wout non mostra reazioni. Un giorno, sua madre gli indica la cartella e dice: “Wout, la cartella”. Lui la guarda un attimo e prende la sua cartella. Per la prima volta (ha sette anni) capisce veramente quello che lei gli dice. Da quel giorno, la mamma ha imparato come comunicare con lui.

E’ importante non solo limitare le parole allo stretto necessario, ma anche indicare l’oggetto: i bambini con autismo sono molto bravi a cogliere i suggerimenti visivi. Combinando correttamente il suggerimento visivo e la parola si fa leva su un altro punto di forza: la capacità di compiere associazioni concrete. La parola è collegata a un oggetto. Il linguaggio è sincronizzato.

I genitori di bambini con autismo vengono spesso guardati con stupore perché nel parlare con i loro bambini usano uno stile telegrafico o un tono imperioso. Non si tratta affatto di essere bruschi, freddi o distaccati, ma della necessità di farsi capire chiaramente.

mano autismo

Molti bambini con autismo hanno una comprensione molto ristretta di alcuni significati, al punto che una parola può avere significato in una situazione ma non in un’altra.

A scuola Elke capisce cosa vuol dire “giocare”. Ogni volta che la maestra le dice: “Vai a giocare adesso”, si dirige verso il suo angolo e inizia a giocare con i cubi. La maestra ha cercato di associare la parola “giocare” sia ai cubi sia ad altri giocattoli. A casa, però, “vai a giocare” non significa nulla per lei. Non mostra alcuna reazione. I suoi genitori, allora, iniziano a usare la parola “giocare” ogni volta che Elke prende in mano i suoi giocatoli. In questo modo comprende che anche a casa la parola “giocare”significa utilizzare i giocattoli in un determinato spazio. Quando va al parco avrà ancora difficoltà a capire, perciò la madre continuerà a utilizzare la parola “giocare” quando va sullo scivolo o sull’altalena, quando si arrampica sula spalliera, ecc.

mela

I bambini con autismo hanno spesso la tendenza a collegare a una parola un solo significato, peraltro limitato, che non viene generalizzato; hanno difficoltà a comprendere il concetto più ampio e spesso accumulano mentalmente tutti i significati facendosi una sorta di dizionario. Dobbiamo quindi provare a insegnarli i concetti, se necessario visualizzandoli con immagini o testo scritto.

Giocare significa divertirsi:

  • con i cubi a scuola
  • con le bambole a scuola
  • con la cucina a scuola
  • ….
  • con i cubi a casa
  • con le bambole a casa
  • con il trenino a casa
  • con la spalliera al parco giochi
  • con lo scivolo al parco giochi
  • ….

 

 

Difficoltà di produzione del linguaggio

Le stesse difficoltà con il linguaggio si riscontrano anche nella comunicazione espressiva. Possono avere problemi nel comunicare in contesti e ambienti diversi, soprattutto riguardo a cose che non sono presenti in quel momento, che non sono qui e ora ma e in un altro momento. In altri termini, i bambini con autismo hanno maggiori difficoltà a comunicare quando di stratta di cose azioni collocate nel passato o nel futuro, perché questo richiede necessariamente la capacità di crearsi un’immagine mentale di qualcosa che non è immediatamente visibile. “Fare un’osservazione” è diverso da “dare un’informazione”. “Fare un’osservazione” è di fatto assimilabile a “nominare”.

gatto

 

Il bambino associa la parola all’oggetto che vede: una banana, una mela, una macchia. Dare informazioni appartiene al mondo dell’altrove e in un altro tempo. Se dico che la settimana scorsa ho tenuto una conferenza in Danimarca, sto fornendo un’informazione. Un’informazione invisibile. E’ in parte per questo motivo che i bambini con autismo trovano così difficile parlare a casa di fatti accaduti a scuola o viceversa. Anche in questo caso, una fotografia o un disegno possono fare prodigi, poiché il bambino visualizza che cosa può raccontare. Anna non parla mai della scuola. Un giorno l’insegnante incolla la foto della piscina nel quaderno delle comunicazioni scuola-famiglia che la bambina porta sempre nello zaino. Quando Anna vede la foto a casa, racconta spontaneamente che ha nuotato in piscina.

“Quando la mamma stava per andarsene dopo avermi accompagnata da qualche parte, ero terrorizzata. Mi avrebbe abbandonata qui? L’aver imparato che veniva a prendermi ogni giorno a scuola non era qualcosa che potevo trasferire in questa situazione. Non mi aiutava a capire che probabilmente sarebbe venuta a riprendermi anche da questo strano posto. Ciò che accadeva a scuola, qui non aveva rilevanza alcuna. Tutto ciò che aveva a che fare con la scuola stava in un compartimento speciale nella mia mente a cui potevo accedere solo quando ero di nuovo là, a scuola” (Gerland, 1997).

 

nuvole autismo

Un quaderno scuola-famiglia è molto utile anche per i bambini verbali: operatori e genitori possono annotare gli aspetti più rilevanti della giornata o le cose da ricordare per il giorno successivo. Per i bambini o ragazzi più grandi può rivelarsi un efficace strumento per favorire una maggiore autonomia attraverso annotazioni come: preparare il materiale per la piscina, portare i soldi, fare i compiti, ecc. Non aspettatevi che tengano a mente e ricordino tutto, né che riescano a rievocare queste informazioni (immagazzinate come sono in un compartimento diverso). Spesso occorrerà insegnare anche a prendere il quaderno dallo zaino e consultarlo.

 

 

Tratto da “L’autismo da dentro” di Hilde De Clercq (Erickson, 2011)

Comunicare, basta solo sapere come…

Disegni realizzati da una ragazzina con autismo presso il servizio semiresidenziale dell’Ospedale ai Colli di Padova

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